Ricordo benissimo i Natali di quand’ero piccina, la gioia di essere a casa con la mia mamma per tanti giorni (faceva l’insegnante, quindi a casa anche lei per le vacanze), il senso di magia, l’attesa per l’apertura dei regali, blablabla.
Poi come un po’ tutti ho perso il senso per la strada. Vedevo solo un carrozzone colorato e la musica per la strada che ti dice che è Natale, che ti devi sbrigare, che ancora devi fare tanti troppi regali, blablabla.
Ma non vedevo l’ora di avere dei bambini per recuperare quella magia lì, piccola, intangibile, l’odore di nuovo, il rumore delle campanelle, il caldino delle coperte in quell’oretta di sonno in più, le orecchie tese nella notte per sentire i passi di Babbo Natale, mentre gli occhi inevitabilmente soccombono alla sabbia pesante del sonno bambino.
Ecco. Ora di figlie ne ho due. Magia del Natale ‘sti du’ marò, direbbe mio nonno. E no. Non era francese.
Alice sta passando evidentemente una fase difficile. Se li chiamano terrible two (twos?) ci sarà un perché. Beh io ne potrei elencare 800 di perché. Solo dicendo le cose che sta facendo in questi giorni “di festa”.
Ma non lo farò.
Non credo che Alice faccia di più o di meno di tutti gli altri bambini alle prese con questa crisi. La cosa che non mi aspettavo è che la sua crisi provocasse la mia crisi.
Crisi in greco deriva da un verbo che significa “separare”. Una fase di passaggio dunque, fra un prima e un dopo, una fase difficile e in cui si decidono potenzialmente molte cose.
E io la sento tutta questa responsabilità. Sento come se io, che sono la donna adulta delle due, almeno sulla carta, dovessi aiutarla a uscire da questo tunnel, tenendola per mano con amorevole comprensione, coccolandola in questo momento, già ingrato di suo, peggiorato dall’arrivo della sorella (sempre malata oltretutto).
E poi in fondo sono sempre stata contenta di aver figliato in un’età in cui ho raggiunto una certa maturità, un certo equilibrio, una certa consapevolezza di me, dei miei limiti e delle mie forze. Sono un capricorno, ho lavorato tanto su di me. Proprio perché sono un capricorno ho saputo tirare fuori solo da poco il mio fanciullino. Si dice sempre che il capricorno nasce vecchio e muore giovane, e io ora posso giocare con le mie figlie ingenua e gioiosa come una bimba, ma assennata e giudiziosa.
‘Sti du’ marò!
Io che non ho mai urlato in vita mia mi trovo a sgolarmi. Avevo cominciato anche a leggere Amarli senza se e senza ma. Poi è rimasto sepolto nel cimitero che è diventato il mio comodino. Ero arrivata comunque solo a metà e già un pensiero mi era entrato in loop nel cervello:
Ok amarli senza SE e senza MA. Ma un VAFFANCULO ogni tanto si può?
Forse dovrei ricominciare a leggerlo, ma sarà che forse ho letto solo la pars destruens l’unica cosa che ne ho ricavato sono una serie di consapevolezze che mi fanno solo sentire una madre peggiore.
Perché nei momenti di capriccio acuto comincio mentalmente a mettere una spunta a tutti gli errori che sto facendo.
voglio il biszcottooooooooo.
Amore, fra un quarto d’ora mangiamo, se mai dopo, ok? No che fai, non buttarti per terra. Beeeep. HO COMINCIATO UNA FRASE CON NO, ATTEGIAMENTO NEGATIVO, BOCCIATA! RIPROVA. Amore, alzati per favore.
voglio il biszcottooooooooo.
e poi in ordine sparso:
Se non ti alzi subito dal pavimento ghiacciato ti viene mal di pancia e il cagotto come a tua sorella. Beeeep. MINACCIA.
voglio il biszcottooooooooo.
Se non ti alzi immediatamente, stasera niente pizza. Beeeep. RICATTO ALIMENTARE.
voglio il biszcottooooooooo.
Se non ti alzi immediatamente, me ne vado! Beeeep. RICATTO AFFETTIVO.
voglio il biszcottooooooooo.
No Silvia, così non si fa. Cosa fa la brava mamma? Ti voglio bene lo stesso, tesoro, anche se mi stai mandando al manicomio, tesoro, anche se siamo già due ore in ritardo, tesoro, anche se non ho preparato la cena perché sei voluta stare in braccio 4 ore oggi pomeriggio, tesoro, anche se hai tirato giù tutta la mia Hitchcock collection ordinata cronologicamente, e hai tolto tutti i dvd e li hai mescolati con i cartoni animati. Tesoro, non riuscirai a farmi arrabbiare, io sarò calma.
Poi mi sputa in faccia.
voglio il biszcottooooooooo.
AAAAAAAAAARRRRRRRRRRGGGGGHHHH. Beeeep. HAI URLATO! Urlare non serve ad altro che a spaventare lei e far sfogare te. Lei sentirà solo il tono e non ascolterà quello che dici. (Lez. n. 1, giorno n.1, dell’anno n.1, grazie professoressa Mizzau).
No scusa tesoro, non urlo più. La brava mamma respira, inspira, espira. Contiene la rabbia del figlio con un abbraccio affettuoso. Perché di questo ha bisogno il bambino, di rassicurazioni. Di sapere che la sua mamma gli vuole bene. Anche se la sua mamma in quel momento non gli vuole proprio bene per niente. Ma il momento dopo invece capisce la sofferenza e le fa una gran tenerezza. Poi lo odia di nuovo, perché un dolore così forte non l’ha mai provato. Il dolore che si prova quando il tuo amore è respinto.
Mamma sei brrrrrutta. Mamma vai via, io non ti voglio.
Eh no però. questa è una lotta impari. Perché lei invece può usare tutte le armi in suo possesso, compreso il ricatto emotivo.
Questo post è in bozza dal giorno di Natale, nel frattempo sono successe tante altre cose e tanti alti e bassi. Io ho anche perso un po’ il filo del discorso, ma non è che la cosa importi tanto. Mi sono un po’ sfogata, e ne avevo bisogno.
Ho aggiunto una nuova dimensione alla parola stanchezza.
Non dormo una notte intera da circa due mesi e di giorno devo pedalare senza sosta da mane a sera, in condizioni di salute un po’ precarie; e la stanchezza è un po’ nemica dell’equilibrio necessario per costruire la felicità, giorno per giorno, come mi sono ripromessa di fare. E se non la costruisco io non riesco nemmeno a insegnarla alle mie bimbe.
O meglio.
Non sono capace di coltivare nel modo giusto la loro felicità innata.
O ancora meglio.
Non riesco a farla sgorgare a dovere.
È come se inconsapevolmente tenessi un dito dentro al rubinetto della felicità. Mi sento come se fossi io a far da tappo, e a far esplodere tutta questa energia nel modo sbagliato.
Quindi forse il lupo nelle fragole sono un po’ anche io. Io che in questi momenti negativi con le mie zampacce pelose (si fa per dire eh!) non faccio altro che calpestare le mie piccole fragole.
Ok. Adesso che mi sono dovutamente fustigata è ora di uscire da questo impasse.
Come sempre il mio amatissimo dizionario etimologico mi aiuta a vivere.
Beh? Che c’è? Ognuno ha la sua religione e di conseguenza le sue sacre scritture. C’è chi legge la bibbia per avere aiuto, chi medita e chi consulta I-ching. Io credo nella potenza del verbo. Nel senso di verbum.
Che se adesso parto con la disquisizione su “in principio era il verbo” e compagnia bella, questo post lo finisco a ferragosto.
Dicevo, è ora di uscire da questo impasse.
Ecco come:
- Momento che separa. Momento. Momento. Momento. Quindi passerà. Ripetere come un mantra: èunmomentopasserà. Soprattutto quando presa dallo sconforto mi metto a piangere come una cretina mentre mescolo il sugo e nessuno mi vede. E che poi mi metto a cantare, sempre più cretina, mentre piangi e lavi i piatti e la vita dice nooooooo. Passerà, è un momento. Adesso posso cantare Aleandro Baldi e lasciar perdere Masini.
- Quando questo momento sarà passato, la mia splendida bambina tornerà come prima. Anzi, il bellissimo bruco che era diventerà una bella farfalla svolazzona e felice e ci dimenticheremo tutti di questa larva incazzosa.
- Cercare di non concentrarsi troppo su quel decisivo. O perlomeno non pensare sempre che tutto dipenda da me. Un po’ più di leggerezza. Ce la posso fare. Per la stessa ragione non considerare le successive parole morte (la mia, per eccesso di bile) e guerre civili (anche se sono una drama queen).
- Concentrarsi invece sulla parola decido, la chiave di svolta sta sempre nella fig. Etimologicamente parlando, sia chiaro. Per essere felici bisogna anche deciderlo. Se ce l’hai come attitudine tanto meglio. Ma quando stai un po’ male l’attitudine va un po’ a puttane, quindi bisogna sforzarsi un poco. Io tutti i giorni mi devo ricordare che POSSO SCEGLIERE. Non posso influire forse sugli umori di mia figlia, ma posso scegliere di non arrabbiarmi. Posso provare a sforzarmi di rompere il cerco vizioso di malumori che ci sta avvelenando.
Boh. Proviamo. Intanto ho scritto un papirone.
E se qualcuno è arrivato fino a qua si merita un po’ di buonumore.
E buon Natale, anche se ormai sbocciano i fiori!
Anonymous says
🙂 io alla fine del tuo papiro ci sono arrivata… 🙂 Deb757
Siro says
Quindi hai gioito con le palle di Babbo Natale? Vai di là che c’è un messaggio per te!
Anonymous says
ci sono arrivata anch’io!! poi mi spieghi come si fa a scegliere di non arrabbiarsi dopo notti insonni e innumerevoli capricci…;-)
Stellina
Siro says
Mitica! Anche tu hai vinto le campanelle di Babbo Natale! Come si fa? Boh. Mica ho detto che è facile.
Anonymous says
ahhh, un’altra cosa…anch’io avevo iniziato “amarli senza se e senza ma”…ma è lì sul comodino solo soletto.
Stellina
Siro says
Vedi moh, pure tu. Anche a te faceva sentire una mamma di emme? Che facciamo, gli diamo un’altra possibilità?
Cristina says
Anche io ci provo a non arrabbiarmi, ma delle volte sono troppo stanca per essere abbastanza lucida da mantenere fede al proposito….
Siro says
Io ho avuto dei giorni in queste vacanze che ero così stanca, ma così stanca, ma così stanca che non avevo nemmeno la forza di arrabbiarmi. Mi sono messa a piangere anche io un paio di volte, con lei. Allora lei ha smesso, e mi ha consolato. E io mi sono sentita una emme. Non la scampi, vita da mamma, vita da emme. Qualsiasi cosa fai sai già che ti ci sentirai!
Alexa says
Quoto Stellina, come si riesce a non arrabbiarsi con una stanchezza cronica addosso, notti insonni, capricci a go-go?
Non è padagogicamente corretto, ok, ma vuoi mettere quanto sia liberatorio? 🙂
Siro says
infatti è la tesi del libro, in fondo. la sgridata è un po’ come la sculacciata che non serve a caricare il sedere, ma a scaricare la mano. Questa poi da dove me la sono tirata fuori…
Cerca anche di insinuare che noi vogliamo figli ubbidienti perché vogliamo avere il controllo su di loro, ma in realtà non dovremmo essere contenti del fatto che facciano acriticamente quello che gli viene imposto. é vero, ma anche no. cioè lo è, però insomma, devono essere critici e contestatori pure a due anni? non si possono fare l’adolescenza a 14 come una volta? Eh insomma, io ho dovuto aspettare le scuole superiori prima di poter rompere le balle, non è mica giusto.
Giulia says
Forse per le nostre mamme era più facile…e quando ci urlavano o ci tiravano uno scapaccione pensavano di aver fatto il loro dovere e non si sentivano in colpa.
Non ho figli, ma a voi mamme moderne non vi invidio proprio….deve essere un mestiere ancora più difficile di quanto non lo fosse già prima!
Siro says
Magari c’erano altri problemi, adesso però sembra che qualsiasi piccolo errore che fai si ripercuoterà inevitabilmente su tuo figlio e segnerà la sua intera esistenza. Se lo sgridi diventerà sicuramente un drogato sbandato e pure un po’ choosy e ti odierà a vita. Ma anche se non lo fai. Che responsabilità.