Mi chiamo Anita, ho 45 anni.
Anita è un nome che mi rappresenta, ha un cuore caliente, un sabor latino, ma richiama alla mente subito un’attrice svedese. O era finlandese?
Comunque sono così: ghiaccio e fuoco. Anche il ghiaccio brucia d’altra parte, no?
Valerio lo frequento da 4 o 5 anni. Non è una relazione fissa, o forse sì?
Mi ha raccolta quando mi trovavo smarrita, spezzata, lasciata, sola.
Mi ha corteggiata e lusingata.
Non ci siamo mai promessi esclusività, né l’abbiamo mai pretesa. Siamo grandi, sappiamo come vanno le cose, vediamo che succede.
In questi anni qualche brividino, qualche incomprensione, qualche progetto, qualche corda tirata di troppo.
Intanto io mi ricucio, mi rammendo, mi rifilo e mi ritesso. Prendo fiducia. Prendo possesso di me. Del mio corpo, del mio cuore, del mio cervello. Mi riapproprio del mio riflesso allo specchio.
A furia di guardarmi, comincio finalmente a vedermi.
Certo che ho occhi belli, luminosi, vivi.
La curva del seno ha preso una strada diversa, ma non mi dispiace.
La fronte è solcata da una ruga profonda, verticale, credo mi faccia apparire più intelligente ti quanto io sia in realtà.
Ma la bocca. La bocca ha una piega amara.
Gli ho chiesto di vederci. Un’ora a girare intorno al niente, come sempre.
Poi l’ho detto, con molta grazia e naturalezza, o almeno così mi è parso: “Potremmo forse rendere ufficiale questa storia nostra. Magari ci sposiamo. O conviviamo. Potresti avermi per te sempre, solo tua” e così dicendo, sul “solo tua”, ho lisciato una piega inesistente sulla gonna. Non voleva essere una mossa provocante. Volevo solo sottolineare con un gesto la grande occasione che gli stavo dando e mi è uscito quel gesto lì.
Lui è parso stupito. Chissà, forse pensava che lo volessi lasciare. Ha ridacchiato, mi ha versato da bere, ha chiamato il cameriere per ordinare. Io non gli ho più tolto gli occhi di dosso. Volevo capire dove stava scappando. Abbiamo mangiato, io sempre più tranquilla, lui sempre più nervoso.
Al dolce ha detto tutto d’un fiato “secondo me per te è meglio se continuiamo così come ora”.
“Ma perché pensi per me, pensa per te. Per te cosa è meglio?”.
“Secondo me noi stiamo molto bene così”.
“Anche secondo me” gli ho detto sorridendo, finalmente.
Mi sono alzata come per andare in bagno, gli sono passata a fianco frusciando.
Lui guardava il conto e non si è accorto che io sono uscita. Ho respirato. Leggera.
Con la mia metà del conto sono andata in un negozietto piccolissimo, quasi un sottoscala, c’era l’odore di acqua di rose che usava la mia nonna. E ho comprato un vestito con i cuori. Rossi. L’ho tenuto indosso.
Mi sono vista riflessa in una vetrina, leggermente spettinata. Ma gli occhi. Gli occhi brillanti. Di vita.
E la bocca. Lieve.
Libera.
MammaInSE says
Mi immagino Anita aspettare calma e paziente che le ferite si chiudessero e poi le cicatrici sparissero, che la vita smettesse di passarke davanti ma iniziasse a correre con lei in un processo rigenerativo che la rende indipendente e libera. Gran donna quest’Anita!
Carla S. says
<3
Ilaria says
Bella!